Il mondo alle soglie della crisi idrica globale

Quaranta ex capi di stato e di governo lanciano un nuovo rapporto sulla crisi idrica mondiale. Secondo il documento, se non cambierà il modo in cui viene gestita l’acqua dolce a livello globale, entro vent’anni molti paesi – a cominciare da Cina e India – si troveranno di fronte a una domanda che non saranno in grado di soddisfare, con gravi ripercussioni per la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico.

Sono circa 3800 i chilometri cubi di acqua dolce che vengono prelevati ogni anno a livello globale dagli ecosistemi acquatici, ma dato che entro il 2025, secondo le stime, vi sarà un miliardo di bocche in più da sfamare, la sola agricoltura richiederà altri 1000 chilometri cubi di acqua all’anno, ossia l’equivalente della portata di 20 fiumi delle dimensioni del Nilo. Si prevede inoltre che la richiesta di acqua nei due paesi più popolosi del mondo, India e Cina, supererà le forniture in tempi ancora più brevi.

Sono questi i dati che esprimono forse più chiaramente la crisi idrica che il mondo si trova a fronteggiare, e che è oggetto di un rapporto, The Global Water Crisis: Addressing an Urgent Security Issue, presentato ieri al McMaster Innovation Park, ad Hamilton, in Canada. Il rapporto è frutto della collaborazione fra l’InterAction Council (IAC), un gruppo no profit formato da 40 ex capi di stato e di governo, l’Institute for Water, Environment and Health della United Nations University, e la canadese Walter and Duncan Gordon Foundation, ed è stato redatto da 23 tra i maggiori esperti internazionali della materia.

Il rapporto sottolinea che questa crisi idrica potrebbe avere drammatiche ripercussioni per la pace, la stabilità politica e lo sviluppo economico di un numero sempre crescente di paesi, in particolare nell’Africa subsahariana e negli altri paesi già colpiti dal problema, superando le frontiere nazionali fino a coinvolgere paesi oggi politicamente stabili; inoltre, il documento afferma la necessità di cambiare radicalmente il nostro atteggiamento verso l’acqua e il modo in cui viene gestita a livello mondiale, inclusi gli attuali programmi destinati a ridurre la domanda attraverso conservazione, efficienza, riutilizzo e ricostituzione dei sistemi naturali.

“L’impatto politico futuro della carenza idrica potrebbe essere devastante”, ha dichiarato Jean Chrétien, ex premier canadese e co-presidente dello IAC, presentando il rapporto. Il problema è ulteriormente complicato dal fatto che c’è una forte concorrenza fra il settore energetico e gli altri usi di una risorsa già oggi limitata come l’acqua dolce. Il rapporto osserva per esempio che, se nel 1950 in tutto il mondo c’erano solo 500 grandi dighe, oggi sono più di 45.000: in pratica, da quella data si sono aggiunte ogni giorno due nuove grandi dighe.

“Oggi muore in media un bambino ogni 20 secondi per malattie legate all’acqua”, ha osservato Zafar Adeel, direttore della United Nations University. “La carenza di acqua, la sua mancata potabilizzazione, l’assenza di servizi igienici e sanitari provocano più vittime di tutte le guerre.”

“Se le attuali tendenze nell’uso dell’acqua continueranno fino a metà del secolo”, ha aggiunto Bob Sandford, uno degli estensori del rapporto, “quando si prevede che la popolazione della Terra raggiungerà i 9 miliardi di persone, e ipotizzando che le precipitazioni rimangano le stesse di oggi, si stima che per i nostri usi agricoli, industriali e urbani sarà necessario l’intero flusso delle acque di superficie di tutte le parti abitate del pianeta.”

Tuttavia, diversi fattori possono modificare la situazione, in meglio come in peggio. La conservazione e il riutilizzo dell’acqua, per esempio, possono avere un enorme impatto positivo sulla riduzione dei bisogni. Al contrario, l’aumento delle temperature globali, con l’immissione di una maggior quantità di acqua in atmosfera (circa il sette per cento in più per ogni grado Celsius in più) può portare a ripetute inondazioni in alcune aree o grave siccità in altre.

A fronte della necessità di migliorare l’efficienza della gestione dell’acqua, si pone il problema di come perseguire questo obiettivo. Tra le misure indicate nel rapporto, vi sono, per esempio, un aumento di 11 miliardi di dollari degli investimenti annuali legati all’approvvigionamento di acqua e alla realizzazione di strutture igieniche e sanitarie, e la creazione di un meccanismo internazionale di governance per gestire il numero di migrazioni dovute alla crisi di idrica, di cui si prevede un forte e continuo aumento.  Più in generale, infine, gli esperti auspicano la nascita di una “economia blu”, un nuovo paradigma economico che premi una gestione sostenibile dell’acqua.

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