L’ Universo è come una ragnatela: una rete piena di nodi, gli ammassi galattici, connessi da tanti filamenti, costituiti per lo più di materia oscura o almeno così se lo immaginano i ricercatori nelle loro teorie sull’ evoluzione cosmica, avallate anche da simulazioni al computer.
Ma se le stesse teorie sono confortate anche dalle osservazioni, allora vuol dire che gli astronomi sono davvero molto vicini a capire come è fatto l’Universo.
La scoperta di uno di questi filamenti di materia oscura che connette gli ammassi galattici, visto per la prima volta in 3D, è una di quelle prove cui da tempo i ricercatori danno la caccia ed è stata resa possibile grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble, del Naoj’s Subaru telescope, del Canada-France-Hawaii telescope, combinati con i dati spettroscopici ottenuti grazie al Wm Keck observatory e il Gemini observatory.
In realtà, ad acciuffare l’invisibile, immortalando per la prima volta un filamento di materia oscura i ricercatori ci erano già riusciti, lo aveva annunciato lo scorso luglio il team guidato da Jörg Dietrich della University Observatory Munich, che però si era limitato a tracciarne un ritratto bidimensionale.
Ora invece, gli astronomi coordinati da Mathilde Jauzac del Laboratoire d’Astrophysique de Marseille (Francia) e della University of KwaZulu-Natal (Sud Africa) sono riusciti a catturare un filamento di materia oscura in 3D, eliminando così, precisano, molte delle limitazioni che si hanno nello studiare una struttura appiattita.
Per farlo gli scienziati sono ricorsi, in parte, alle tecniche già utilizzate dal team di Dietrich, infatti, partendo dal principio per cui la materia oscura, per definizione, è invisibile, per vederla sono dovuti ricorrere alla tecnica delle lenti gravitazionali.
Semplificando, si tratta di osservare indirettamente come un oggetto dotato di massa, e quindi di un campo gravitazionale, sia in grado di curvare la luce delle galassie circostanti, rendendo così visibile alle strumentazioni un oggetto costituito di materia oscura, come i filamenti che intrecciano l’Universo, convertendo i valori di distorsioni luminosa in una mappa della massa dell’oggetto stesso.
Ma non tutti i punti sono adatti a trovare quello cui si da la caccia, per vedere un filamento di materia oscura bisogna cercarlo proprio lì dove maggiori sono le probabilità di trovarlo e secondo le previsioni teoriche, l’oggetto cercato in questo caso può trovarsi in prossimità degli ammassi galattici, lì dove si incontrano i filamenti di materia oscura e tra i nodi della rete cosmica che permea l’Universo gli scienziati hanno identificato l’ammasso Macs J0717 (in crescita) come il candidato ideale per le loro ricerche.
Così, osservando con il telescopio Hubble l’ammasso galattico Macs J0717 e la luce delle galassie sulle sfondo con la tecnica delle lenti gravitazionali, è stato possibile rintracciare il filamento di materia oscura, dalle dimensioni giganti (lungo 60 milioni di anni luce), per aggiungere la tridimensionalità alle loro osservazioni i ricercatori hanno combinato immagini a colori e dati sulla posizione e sul movimento delle galassie immerse nel filamento, grazie alle misure delle loro velocità.
I risultati dello studio oltre a confortare le teorie cosmiche, suggeriscono come, in base ai calcoli effettuati, questi filamenti di materia oscura possano contenere più massa di quanto creduto finora, Oltre la metà di quella presente nell’Universo.