“Spazio, ultima frontiera, questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise, la sua missione è quella di esplorare strani nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare dove nessuno è mai giunto prima”, chi non ricorda le parole che introducevano ogni episodio della serie Star Trek.
Le navi stellari della famosa serie TV di fantascienza si spostavano nello spazio per mezzo dei motori a Curvatura: l’idea di fondo è quella di distorcere il tessuto spaziale e di curvarlo come si farebbe con un foglio di carta fino ad annullare la distanza tra un punto A e un punto B.
Niente di eretico dal punto di vista di un fisico, come non è fantascienza, almeno in termini concettuali, l’ipotesi dei “WormHole”, dei tunnel spaziotemporali che collegherebbero punti distanti dell’universo, o direttamente altri universi, percorribili in pochi istanti.
Insomma, che sia un tunnel o una “scorciatoia spaziale” il tema del viaggio stellare attraverso “portali dimensionali” è stato sempre uno dei più battuti dalla letteratura di settore, questa volta, però, ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più concreto: Jack Scudder, fisico del plasma e ricercatore alla University of Iowa, sovvenzionato dalla NASA, li chiama X-Points: “Noi li chiamiamo X-points o regioni di diffusione degli elettroni, sono luoghi in cui il campo magnetico della Terra si connette al campo magnetico del Sole, creando un percorso ininterrotto che conduce dal nostro pianeta verso l’atmosfera del Sole a 150.000.000 chilometri di distanza.”
Ma come si formano questi portali? Scudder spiega che quando le linee di forza magnetica del Sole e della Terra si mescolano si vengono a formare degli incroci (riconnessione magnetica), gli X-points si verificherebbero proprio in queste intersezioni, l’improvvisa unione dei campi magnetici può spingere via lungo le linee di campo dei getti di particelle cariche dal punto X, creando una “regione di diffusione di elettroni”.
Riuscendo a “surfare” sulle particelle cariche si potrebbe viaggiare alla velocità stessa delle particelle per 150 000 000 di chilometri, dalle osservazioni fatte con il satellite THEMIS della NASA e le sonde Cluster dell’ASE sembrerebbe che questi portali magnetici si aprano e si chiudano decine di volte al giorno, che siano in genere piccoli e di breve durata, alcuni invece sufficientemente grandi e longevi.
Attraverso questi portali getti di particelle energetiche possono fluire attraverso le aperture, riscaldare l’atmosfera superiore della Terra, generare tempeste geomagnetiche e dare vita a spettacolari aurore polari, la Nasa sta lavorando al progetto MMS (Magnetospheric Mission Multiscala) che porterà in orbita, nel 2014, un veicolo spaziale corredato di rilevatori di campi magnetici e particelle ad alta energia per studiare la magnetosfera terrestre, anche se, spiega Scudder, “i portali magnetici sono invisibili, instabili e sfuggenti, si aprono e si chiudono senza preavviso e non ci sono indicazioni per guidarci”.