Un team internazionale di astronomi potrebbe aver scoperto un nuovo metodo per mappare i quasar, le regioni energetiche che si trovano al centro delle galassie molto distanti da noi, a coordinare la ricerca è il Prof. Andy Lawrence, docente all’Università di Edinburgh, che presenta proprio oggi i risultati ottenuti in un paper che leggerà al National Astronomy Meeting che si tiene alla Royal Astronomical Society a St Andrews, in Scozia.
Se una stella passa troppo vicino ad un buco nero gigante nel centro di una galassia, sarà triturata dal forte campo gravitazionale, questo fenomeno produce una fiammata nello spazio, una luminosità che poi svanisce nel giro di un paio di mesi.
In una ricerca su larga scala utilizzando il telescopio PanSTARRS alle Hawaii, il Prof. Lawrence e il suo team hanno studiato milioni di galassie alla ricerca di questo effetto raro, di fatto hanno trovato queste “fiammate” ma hanno tutte un comportamento molto diverso dalle previsioni desunte dal modello delle “stelle triturate dalla gravità”.
Invece di dissolversi nel corso dei mesi, queste fiammate sembrano durare più a lungo, soprattutto nelle regioni delle galassie in cui c’è molto materiale che gira vorticosamente attorno ai buchi neri.
Monitoraggi con il Telescopio Liverpool a La Palma hanno poi confermato che l’evoluzione di questi quasar è molto più lenta del previsto, ma non è tutto: la sorpresa più grande concerne le distanze a cui i quasar si trovano, tutte le previsioni sono state disattese: i quasar, stimati a 10 miliardi di anni luce di distanza, potrebbero essere anche molto più lontani.
Come spiegare tutte queste discrepanze? Con un fenomeno molto noto nella Relatività Generale, il microlensing, già utilizzato nello studio degli esopianeti, a questo fenomeno si deve anche lo strano comportamento dei gas e il ritardo nell’evoluzione dei quasar.
La scoperta potrebbe essere significativa per le future osservazioni: “questo ci potrebbe dare un modo per mappare la struttura interna dei quasar in un modo che sarebbe altrimenti impossibile, viste soprattutto le loro dimensioni, come si muove la stella in tutta la sua vita, come se avessimo una scansione ottenuta con una lente di ingrandimento su di essa, rivelando dettagli ora del tutto ignoti”, conclude Andy Lawrence.