Parco di Yellowstone, estensione di quasi 10 mila km² tra le regioni del Wyoming, Montana e Idaho, erutta dopo otto anni di inattività il geyser più forte del mondo e si scopre che il serbatoio magmatico che giace sotto il parco è almeno del 50% più grande di quanto precedentemente pensato. Cosa succederebbe se il “supervulcano” riprendesse a vivere?
Patrimonio mondiale dell’Umanità dal 1978, Yellowstone, oltre ad essere culla di flora e fauna di rara bellezza, è noto al grande pubblico anche per i suoi circa 400 geyser e per le sorgenti calde e termali. Mentre nelle sue profondità giace non più così tanto silente il “supervulcano”. Si era fatto sentire infatti nel 1985, con sciami sismici di lieve intensità, per poi tornare a dormire fino al 2010, l’eruzione più recente risale a 70 mila anni fa, con correnti di lava ed esplosioni idrotermali.
Dai recenti studi condotti si è visto che la caldera di Yellowstone, alta poco più di 2000 metri e grande 55 per 72 chilometri, sta crescendo “il serbatoio di magma del vulcano, è almeno del 50% più grande di quanto precedentemente pensato, ora stiamo riuscendo a comprendere meglio il sistema vulcanico di Yellowstone”, si tratta di un’affermazione di Jamie Farrell, studioso e ricercatore presso il dipartimento di geologia e geofisica dell’Università dello Utah, autore di numerose pubblicazioni che riguardano l’attività sismica e tettonica del parco.
Come Farrell racconta a Live Science “conoscere il volume della massa magmatica che si estende sotto Yellowstone è importante per stimare la portata delle future eruzioni”. In una delle ultime ricerche, pubblicata sul Journal of Volcanology and Geothermal Research, Farrell e colleghi hanno studiato le implicazioni degli ultimi sciami sismici sul territorio. Questi scienziati fanno parte del gruppo YVO, Yellowstone Volcano Observatory, la loro missione è quella di fornire monitoraggi aggiornati e valutazioni continue riguardo l’attività vulcanica, idrotermale e sismica nella regione dell’altopiano di Yellowstone.
Il 6 giugno scorso, proprio l’Osservatorio scriveva che ripetuti terremoti suggeriscono l’origine vulcanica e tettonica degli sciami sismici di Yellowstone. In un’altra ricerca, i sismologi hanno esaminato i modelli di terremoti occorsi in zona, raggruppando gli eventi secondo la somiglianza delle registrazioni dei movimenti del terreno. Hanno visto che alcuni terremoti si ripetono uguali nel tempo, mentre altri sono unici. Queste ricerche indicano che il ripetersi dei terremoti è in origine soprattutto tettonica, mentre sismici isolati possono essere originati dall’intrusione di pietre laviche o di terreno con acqua a pressione calda (idrotermale) lungo fratture preesistenti.
La camera magmatica vista nel nuovo studio ha alimentato queste eruzioni più piccole ed è la fonte di incredibili sorgenti idrotermali e geyser del parco. Poco più di un mese fa, infatti, il geyser Steamboat è tornato ad eruttare per nove minuti dopo oltre otto anni di inattività, spruzzando acqua bollente fino a 300 metri di altezza. Dopo otto anni, l’ultima eruzione risale infatti al maggio del 2005, i bollenti getti di vapori e acqua hanno dato spettacolo per circa nove minuti, nello stupore generale di fotografi, turisti curiosi e lavoratori del parco, Steamboat oltre ad essere il più forte, è anche tra i più imprevedibili dei geyser.
Le ipotesi più cinematografiche vedrebbero gli Stati Uniti rasi al suolo da una simile potenza distruttrice, in realtà le cose stanno diversamente, “Anche una super-eruzione come quella di Yellowstone non causerebbe l’enorme catastrofe che si potrebbe pensare”, sono le parole del geologo Jake Lowenstern, scienziato in carica al centro YVO, “in realtà la maggior parte dell’attività vulcanica di Yellowstone non è qualificabile con il termine di “super-eruzioni”, per le quali il materiale viene gettato a più di 1000 km3 di distanza. “La lava non si spanderebbe per tutto il continente, ma sarebbe limitata alle vicinanze del parco per un raggio di 30-40 miglia” spiega Lowenstern, quando un vulcano erutta, come minimo un terzo del liquido torna nel cratere e il resto si estende nelle vicinanze o va nell’atmosfera.
“Il maggiore danno potrebbe arrivare dalla cenere vulcanica, dice lo scienziato, che si espanderebbe creando uno spessore di 10 o più centimetri sul terreno per circa 500 miglia, questa cenere potrebbe andare così lontano che se ne potrebbe vedere la polvere sull’auto a New York”. Lowenstern conclude dicendo che non c’è motivo di pensare a una super eruzione imminente e che prima che ciò accada ci sarebbero comunque segnali ancora più evidenti rispetto a quelli appena trascorsi, quel che è certo è che ci sarebbe un abbassamento delle temperature, come accadde con l’eruzione del “supervulcano” del Monte Tambora, in Indonesia.
Le ricerche che si stanno svolgendo per monitorare lo stato del vulcano sono supportate dalla Brinson Foundation, University of Utah e da privati, i dati sismologici si trovano registrati e aggiornati nel sito Yellowstone Seismic Network, reso operativo dall’Università dello Utah, fondato da U.S. Geological Survey e dal National Park Service, come parte del progetto YVO, il sito del parco fornisce tutte le informazioni necessarie per rimanere aggiornati riguardo la situazione.