Eliminare i brutti ricordi dal cervello, proprio come nel film “Se mi lasci ti cancello”. La scienza ci prova da anni, e nei giorni scorsi sembra sia stato compiuto il primo passo, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Neuroscience.
Nel corso di un esperimento della Radboud University in Olanda, un’équipe di esperti è riuscita a cancellare i ricordi più dolorosi applicando la terapia elettroconvulsivante (TEC), comunemente nota come elettroshock (la cui utilità è stata fino ad oggi molto dibattuta, soprattutto a causa dell’abuso e della pratica aggressiva che se ne è fatta in alcuni casi) a 39 pazienti.
Gli sono state raccontate alcune storie dolorose, visibili sullo schermo del computer attraverso una serie di immagini spiegate da una voce fuori campo. Ad esempio un bambino costretto a perdere le gambe dopo essere stato investito da una macchina, oppure lo stupro selvaggio di una giovane ragazza. Sette giorni dopo, applicando la terapia, ogni memoria di quel racconto era stata effettivamente cancellata.
Un piccolo successo, anche se la “lobotomia del dolore”, come la chiamano, appare in forte contrasto con la natura psichica dell’essere umano. Nel film di Michel Gondry, Kate Winslet e Jim Carrey alla fine decidono di accettare il dolore, le emozioni più contrastanti e vincono i ricordi.
Gli scienziati olandesi sono però pronti a scommettere che la loro tecnica in futuro possa riuscire a curare traumi, disturbi psichiatrici e dipendenze da droghe. Ma va precisato che i 39 pazienti che si sono prestati all’esperimento si stavano già sottoponendo all’elettroshock per trattare una profonda depressione che nemmeno i medicinali più potenti erano riusciti a curare.
Non è tuttavia ancora chiaro se la “rimozione” del ricordo sia temporanea o permanente e se possa funzionare per storie semplici e poco “personali”. “Questo è un momento in cui la scienza è riuscita a superare l’arte”, dice Karim Nader, un neuroscienziato della McGill University di Montreal, in Canada , che non era coinvolto nella ricerca.
A fargli eco un’altra collega, Daniela Schiller, ricercatrice presso il Mount Sinai Hospital di New York: “Lo studio fornisce la prova concreta che i ricordi nel cervello umano subiscono un riconsolidamento e che una finestra di opportunità esiste per trattare le paure più recondite”.