Ha già provocato diciannove vittime e, al momento, non esiste antibiotico capace di combatterlo. E’ il superbatterio “klebsiella pneumoniae” (sigla KPC) e sta suscitando forti preoccupazioni tra i sanitari statunitensi. A lanciare l’allarme sono i medici del National institute of health (NIH) a Bethesda, Washington, i quali temono che il superbatterio abbia gravemente contaminato l’intera struttura ospedaliera.
L’epidemia è stata scatenata da un singolo paziente che ha portato il germe nell’ospedale nell’estate del 2011, una donna di New York che aveva bisogno di un trapianto di polmone. I medici speravano di averne sradicato la presenza, ma la morte di un bambino ricoverato nel nosocomio da aprile per complicazioni derivate da un trapianto di midollo osseo, ha fatto scattare un nuovo allarme.
Il bambino morto è il diciannovesimo paziente ad aver contratto il nuovo superbatterio e il suo caso rappresenta la prima infezione al NIH dal gennaio 2012, un segnale preoccupante poiché il microorganismo persiste all’interno della grande struttura, nonostante gli interventi di disinfezione. “E’ straziante”, ha dichiarato John Gallin, il medico a capo del centro clinico. “Quello che è successo in estate è stato un caso molto sfortunato. Tutti questi casi sono estremamente tristi. Il timore è che l’istituto sia gravemente contaminato”, ha ammesso Gallin.
Secondo quanto riportato dal Washington Post, il giovane paziente è arrivato a Bethesda nel mese di aprile, dopo alcune complicazioni sorte a seguito di un trapianto di midollo osseo a cui è stato sottoposto l’anno scorso. La sua condizione di fondo – una grave malformazione genetica che indebolisce il sistema immunitario – ha aumentato il rischio di contrarre il superbatterio. Nel mese di luglio, il ragazzo è risultato positivo al superbatterio. Lo staff medico subito ha isolato il ragazzo in terapia intensiva per debellare l’infezione.
In un primo tempo, il superbatterio è sembrato vulnerabile agli antibiotici somministrati al pazienta, ma dopo una settimana di terapia, l’infezione è aumentata e il superbatterio si è “adattato” al farmaco. L’analisi genetica eseguita dopo la morte del ragazzino ha confermato che il ceppo riscontrato corrispondeva a quella del superbatterio arrivato l’anno scorso. “Il ragazzo ha contratto l’infezione perché il paziente portatore del superbatterio era nello stesso reparto”, ha detto Gallin. “C’è stata una trasmissione intraospedaliera, nonostante i nostri sforzi”.
La Klebsiella Pneumoniae ha già infettato diciassette pazienti, di cui undici sono morti. Sei di queste morti sono state attribuite direttamente al superbatterio. Superbatteri coma la Klebsiella sono un grave problema per le persone ricoverato con problemi al sistema immunitario. Nel 2011, circa l’80% degli ospedali del Maryland ha avuto almeno un paziente infettato da batteri resistenti agli antibiotici. A livello nazionale, negli Stati Uniti, circa il 6% degli ospedali è in lotta con focolai di questa classe di superbatteri. Ceppi simili a quelli osservati al NIH si stanno diffondendo in tutto il mondo, a partire dalla loro prima comparsa nella Carolina del Nord, nel 2001.