La grande crepa scoperta dalla NASA nei primi mesi del 2012 nel ghiacciaio di Pine Island, il più grande dell’Antartide, cresce sia in lunghezza che larghezza.
Un blocco di ghiaccio lungo 29 chilometri potrebbe diventare un gigantesco iceberg se si separerà dal ghiaccio del continente.
I ricercatori monitorano costantemente la crepa dal 2011, ad un certo punto la sua crescita ha subito un rallentamento e le sue dimensioni sono rimaste stabili per diversi mesi, ma lo scorso maggio si è aperta una nuova crepa e se la crescita non si fermerà, può staccarsi dal ghiacciaio un iceberg di circa 900 km2.
Nonostante la brusca frenata avvenuta nel corso di ottobre, l’estensione della banchisa antartica può ancora vantare oltre 450 mila chilometri quadrati di margine dalla media degli ultimi 30 anni.
Gli scienziati della NASA da un anno hanno puntato i riflettori proprio sui grandi crepacci che solcano il Continente di Ghiaccio, che è un vero e proprio canyon di ghiaccio che a cadenze più o meno regolari (ultimamente circa 6-8 anni) spalanca le fauci in un punto ben preciso, ovvero nel bel mezzo del Pine Island Glacier, Antartide occidentale.
In questo caso i sensori MODIS montati sui satelliti della NASA Acqua e Terra, hanno scansionato la frattura che è poi stata post-elaborata e quindi ricostruita su un piano tridimensionale.
Quanto appare è allora davvero impressionante: una fenditura lunga oltre 30 chilometri con una larghezza massima di 200 metri e una profondità media intorno ai 60, insomma un vero e proprio canyon.
Le immagini satellitari mostrano che è ormai imminente la nascita di un enorme grande iceberg che finirà alla deriva nel Mare di Amundsen, bacino posto sul settori occidentale del Continente.
Un distacco che verrà agevolato dal progredire dell’estate australe ma che non è provocato dal clima visto che le temperature sull’emisfero australe sono infatti lievemente inferiori alla media degli ultimi 30 anni, contrariamente a quando avviene dalle nostre parti.
La causa del distacco dunque è da ricercarsi nello scorrimento plastico del ghiaccio per la forza di gravità, anche a seguito del peso accresciuto per via degli accumuli nevosi particolarmente importanti fatti registrare soprattutto nell’ultimo anno solare.