Adesso è ufficiale entro il 2025 un essere umano metterà piede su un asteroide, lo ha annunciato il portavoce dell’amministrazione Obama: il governo americano stanzierà cento milioni di dollari entro il 2014 per finanziare la prima missione umana su una roccia spaziale.
La maggior parte degli asteroidi si trova però tra le orbite di Marte e Giove, quindi troppo lontana per mandarci un equipaggio: la navicella spaziale giapponese Hayabusa ci ha messo sette anni per andare e tornare da lì con un frammento dell’asteroide Itokawa, e quelli che girano vicino alla Terra hanno orbite irregolari per svolgervi escursioni spaziali.
L’idea, allora, è di spedire una sonda automatizzata a prelevare un piccolo asteroide (di circa dieci metri, più piccolo di quello esploso sugli Urali ) e di rimorchiarlo fino a posizionarlo in orbita vicino alla Luna, così che gli astronauti possano svolgervi attività in tutta sicurezza.
Le tappe della missione prevedono il lancio della sonda nel 2017, la cattura dell’asteroide nel 2019 e l’arrivo in prossimità della Terra per il 2021, dove un manipolo di almeno quattro astronauti lo raggiungerà a bordo di una capsula Orion (il futuro velivolo che sostituirà lo Space Shuttle) per analizzarne direttamente la composizione ed estrarne campioni.
Un’opportunità eccezionale per studiare da vicino e “dal vivo” questi corpi che in alcuni casi possono rappresentare una minaccia per il nostro pianeta.
Dalla Nasa confermano che l’operazione non è semplice, soprattutto nella fase di aggancio della roccia spaziale, a causa della veloce rotazione su più assi tipica di questi corpi celesti, e cento milioni di dollari non sono che una briciola per un’impresa di tal genere.
Il Keck Institute for Space Studies dell’Università della California ha stimato, in uno studio pubblicato lo scorso anno, almeno in tre miliardi di dollari il budget necessario, tuttavia, l’evento di Chelyabinsk di febbraio e i susseguenti timori di un impatto devastante diffusi tra la gente, sembrano aver stimolato il governo statunitense a finanziare almeno uno studio di fattibilità il più presto possibile.
Ma davvero tutta questa solerzia solo per dimostrare che siamo più in gamba dei dinosauri?
In realtà la missione ha anche lo scopo di provare ad utilizzare l’asteroide come una sorta di oasi spaziale da cui rifornirsi di liquidi, combustibili e materiali per i futuri viaggi con equipaggio su Marte.
Secondo l’azienda americana Deep Space Industries, un asteroide come quello che ci è passato vicino lo scorso S. Valentino (solo 50 metri per 130 mila tonnellate), varrebbe almeno 200 miliardi di dollari in metalli e propellenti.
Mandare vettovaglie in orbita per assemblare o rifornire navi spaziali dirette sul pianeta rosso attualmente costerebbe minimo dieci milioni di dollari a tonnellata.
La possibilità di rifornirsi dunque direttamente nello spazio, riuscendo ad estrarre ferro, nickel e perfino acqua da asteroidi rimorchiati ad hoc e a basso costo, sarebbe la prima tappa per l’esplorazione umana del Sistema Solare.