Una nuova voce autorevole si unisce al coro di guide spirituali e capi religiosi che pubblicamente hanno parlato della vita nel cosmo e dell’esistenza di altre forme di vita simili alla nostra, questa volta è stato Sua Santità il Dalai Lama che ha affrontato l’argomento durante un meeting tenutosi lo scorso 9 maggio all’Università di Portland (Oregon, USA) intitolato “Universal Responsibility and the Inner Environment”.
Durante il suo public speaking il Dalai Lama è entrato nell’argomento ricordando come “siamo tutti Uno”, tutti gli uomini e ogni essere vivente possiedono dentro di sé una scintilla divina ma sia la “paura” di sentirsi diversi dagli altri ad ingenerare in noi la distanza interiore ed umana all’origine del disagio e dei problemi che incombono sul nostro pianeta.
Ampliando questo concetto il Dalai Lama ha proposto all’auditorio un semplice esempio, come percepiremmo esseri provenienti da altri mondi se li trovassimo davanti a noi? La diversità provocherebbe in noi paura!
La “diversa” natura di questi esseri rispetto alla nostra, genererebbe distanza tra le due realtà trasformandosi ben presto in terrore e ingenerando sentimenti negativi, il Dalai Lama ha però precisato che dovremmo accogliere e considerare i “Visitatori Galattici” come “uguali a noi … stringendogli la mano, nel caso le possedessero”, parole semplici ma che affondano nel cuore della questione su molti livelli.
Nascendo da una costola dell’induismo, circa nel VI secolo a.C., il buddismo possiede fin dai suoi albori la “consapevolezza” che il cosmo non è stata la casa solo del genere umano ma che innumerevoli altre forme di vita popolano la sua vastità fin dalle origini del tempo, un passo emblematico e suggestivo a tale riguardo può essere trovato in uno dei testi più antichi del buddismo, l’Acchariyābbhūtadhamma Sutta, in cui vengono riportate le parole dirette di Siddharta Gautama.
Parlando del luogo in cui risiedono e vivono gli “Dei” il Budda affermò che queste si trovano nelle “… nere, cupe regioni immerse nell’oscurità, tra i sistemi dei mondi, dove non può arrivare la potente e maestosa luce del nostro Sole e della Luna”, passi criptici e sibillini ma che risentono fortemente delle influenze induiste che fin dalle epoche più remote parlarono dei Loka, i pianeti fisici in cui risiedono i Deva, gli dei.
Un altro riferimento attribuito al Budda sulla “pluralità di mondi abitati” è possibile trovarlo nel testo Tipitaka, “The Buddha’s Teachings in Three Divisions” in cui si parla nel dettaglio di tre pianeti extrasolari denominati Amornrakoyan, Buppaviteha e Auttrarakuru.
Non è la prima volta però che il più alto rappresentante del buddismo parla di vita nel cosmo e di esseri intelligenti su altri pianeti, già agli inizi del 2000 John Mack, docente di psichiatria ad Harward e studioso del fenomeno abduction aveva avuto modo di interloquire con il sommo rappresentante del buddismo e convenire sulla reale esistenza di esseri viventi su altri pianeti nonché esporre i propri studi sul fenomeno dei rapimenti alieni.
Una nuova pagina viene scritta negli annali della nostra storia, parole che devono farci riflettere e meditare profondamente, lontano da faziosità e fanatismi esiste una sola verità, raggiungibile attraverso diverse strade ma che sembrano portare tutte alla medesima meta.
Quanto espresso dal Dalai Lama pone nuova luce ad un concetto fondamentale, la presenza di altre forme di vita nel cosmo ma allo stesso tempo ci indica una strada da seguire, un percorso che ritrovi nella purezza del cuore e delle emozioni una via di incontro ed una lezione di umiltà per saper accogliere ciò che apparentemente sembra diverso considerandolo come uguale a noi!
Finché però non riusciremo a comprendere ed applicare questo concetto sul nostro pianeta, sarà difficile potersi rapportare equanimamente con esseri provenienti dalle stelle.