Mancavano pochi minuti alle 21 di ieri, ora locale (l’1:46 di notte in Italia) quando il nord del Cile ha tremato ed è subito scattato l’allerta tsunami: nella notte migliaia di persone si sono dovute allontanare dalla costa. E puntualmente, poco dopo la violenta scossa di magnitudo 8.2, le prime onde, alcune alte anche circa 2 metri, si sono abbattute sulle spiagge di alcune località.
Il punto in cui è stato registrato l’epicentro si trova a 95 chilometri a nordovest di Iquique e l’ipocentro è a circa 20 chilometri di profondità.
Il sisma si è verificato in una zona in gran parte desertica e questo ha limitato i danni, il bilancio, ancora provvisorio, parla di sei morti e diversi feriti.
Onde di quasi due metri hanno investito Iquique, ma il fenomeno ha riguardato tutta la costa pacifica dell’America Latina. Il Centro allerta tsunami del Pacifico ha emesso un allarme di pericolo per Cile, Perù ed Ecuador e un’allerta per Colombia, Panama e Costa Rica. In America Meridionale l’allarme è ormai rientrato, mentre onde anomale anche se di minore entità si attendono fino in Giappone.
Il presidente cileno Michelle Bachelet ha dichiarato le tre aree più colpite (Arica, Parinacota e Tarapaca) “zone di catastrofe”. Dal palazzo presidenziale della Moneda, Bachelet ha dichiarato che “il Cile ha affrontato bene questa prima fase dell’emergenza”.
Dopo il terremoto circa 300 detenute di un carcere femminile di Iquique sono fuggite, anche se 26 di loro sono state catturate nel giro di poche ore. Il ministro cileno degli Interni, Rodrigo Penailillo, ha precisato che questo è stato l’unico incidente di rilievo registrato finora a causa del sisma, smentendo versioni circolate su presunti saccheggi in località costiere del paese.