Vent’anni di ricerche e sperimentazioni, milioni di dollari investiti provenienti da finanziamenti pubblici o da privati donatori: alla fine, l’occhio artificiale è diventato una realtà, andando ben oltre le più rosee aspettative “fantascientifiche” degli ultimi decenni.
Una realtà che ha anche ricevuto l’approvazione da parte della Food and Drug Administration, dopo aver già ottenuto da due anni un semaforo verde anche in Europa e che quindi potrebbe essere presto disponibile sui mercati, consentendo così ai pazienti affetti da specifiche malattie dell’occhio.
La protesi oculare si chiama Argus II e viene prodotta dall’azienda californiana Second Sight Medical Products, la medesima che, qualche anno prima, aveva già messo a punto Argus I: un dispositivo dalle caratteristiche sommariamente uguali ma meno sofisticato e che aveva dato qualche problema di tollerabilità in fase di sperimentazione.
Argus II è già stato impiantato con successo in alcuni pazienti europei (in particolare, ad un signore di Prato operato oltre un anno fa dagli esperti di chirurgia oftalmica presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana), oltre che su 30 volontari statunitensi per la sperimentazione tra il 2007 e il 2011; e promette di continuare a collezionare grandi risultati per tutti i soggetti affetti da retinite pigmentosa, patologia genetica dell’occhio che comporta anomalie nei fotorecettori e conseguente progressiva perdita della vista.
Ma come fa Argus II a spazzare via le tenebre della cecità restituendo la possibilità di vedere a chi non ce l’ha più?
Il suo sistema di funzionamento prevede l’utilizzo di un paio di occhiali con integrata microcamera: le immagini catturate dalla lente esterna vengono “sintetizzate” in diversi punti principali di informazioni visuali; tali informazioni sono poi trasmesse sotto forma di impulsi ai sessanta elettrodi che vengono impiantati nella retina del paziente e che hanno il compito di sostituirsi nelle funzioni alle cellule retiniche ormai compromesse, queste così manderanno il segnale elettrico proveniente dall’esterno attraverso il nervo ottico alla corteccia visiva cerebrale.
Il dispositivo offre la possibilità di distinguere luci, forme e movimento, aiutando nel regolare svolgimento delle operazioni di ogni giorno, anche se al momento soffre ancora di due grossi limiti: il primo è relativo ai costi esorbitanti (stimabili intorno ai centomila dollari) ma si spera potrebbe essere superato quando e se aumenterà la domanda sul mercato di Argus II mentre il secondo limite riguarda il tipo di patologie dell’occhio sulle quali può intervenire il sistema, ridotte al momento soltanto alla retinite pigmentosa poiché questa non danneggia il nervo ottico.
Tuttavia, per quel milione e mezzo di persone che in tutto il mondo soffrono di tale malattia, grazie all’occhio bionico si aprono speranze che, fino a ieri, erano semplicemente inimmaginabili.