Molto tempo fa, un meteorite precipitò nel letto di un fiume a circa 50 chilometri dalla città di Mayo, un villaggio dello Yukon in Canada, con una popolazione di 400 anime.
Composto per lo più da nichel e ferro, con una vena distintiva di trilite, la roccia spaziale è rimasta indisturbata fino all’estate del 1986, quando Daniel Sabo, un minatore di metalli preziosi lungo il fiume, non ne scoprì l’esistenza.
Come racconta il National Post, dopo la sua scoperta, Sabo portò il meteorite a casa sua, conservandolo prima in un cassetto, poi su una mensola e infine, per un certo periodo, in una morbida sacca di feltro.
Nelle sue intenzioni, il minatore aveva deciso di vendere il prezioso reperto per guadagnare un pò di soldi, ma quando decise di trasferirsi in Arizona nella casa dei suoi genitori, qualcosa nella meteora stava cominciando a cambiare.
Sabo si rese conto che sulla superficie della meteora stava crescendo una misteriosa crosta verde, “il clima caldo e umido dell’Arizona deve aver indotto un cambiamento nel meteorite, perchè la crosta verde prima non c’era”.
Preoccupato dallo strano cambiamento, Sabo decise di tornare in Canada, “mentre tornava a casa portando la meteora, Sabo cominciò ad avvertire una terribile irritazione cutanea su tutto il braccio e così il minatore si convinse di essere stato infettato da un qualche microbo di origine aliena”.
Preso dal panico, Daniel portò il meteorite ai geologi del Geological Survey of Canada (GSC) perchè eseguissero delle analisi sulla roccia, una decisione della quale si sarebbe ben presto pentito.
Il meteorite, dal peso di 243 grammi, viene trasportato in un laboratorio di Vancouver e durante la separazione, Sabo cominciò ad avvertire una strana sensazione, simile ad un “dipendenza affettiva” che lo rendeva infelice e insoddisfatto, tanto da chiedere la restituzione della meteora nel più breve tempo possibile.
Quando la SGC gli restituì la roccia, Daniel si rese immediatamente contò che c’era qualcosa che non andava e non solo la crosta che copriva il meteorite era scomparsa, ma l’intero reperto sembrava essere una copia di quello che aveva consegnato inizialmente ai geologi.
Da quel momento ha inizio un’epica battaglia legale caratterizzata da affermazioni sul gesto subdolo dei geologi, sulla vita extraterrestre, sulle cospirazioni governative e il mercato nero delle rocce spaziali.
Nella sentenza di primo grado, il giudice stabilì che il meteorite originale di Sabo non fu sostituito con una replica e che la crosta verde era di origine terrestre, originata probabilmente da licheni o da un qualche tipo di deposito minerale.
Ma Sabo non si diede per vinto e subito ricorse alla Corte di Appello dello Yukon, la quale emise una nuova sentenza stabilendo che “non vi è dubbio che il meteorite abbia sviluppato una colorazione verde, l’unica controversia è sull’origine della colorazione, se di origine extraterrestre, come sostiene il signor Sabo, oppure terrestre”.
Inoltre la Corte ha ordinato alla SGC di pagare un indennizzo di 1000 dollari a Daniel Sabo per la “mancata restituzione del pezzo tagliato per i test di laboratorio”.
Ma della restituzione della parte mancante non se ne parla, Sabo in ultima analisi, è deciso a ricorrere alla Corte Suprema del Canada per far valere i suoi diritti e nella sua mentalità estremamente pratica, Sabo sembra non rendersi conto della potenziale scoperta che potrebbe aver fatto.
Per il minatore, l’unica cosa che conta è poter ricavare un buon profitto dalla vendita del minerale: “Sono le formazioni superficiali che rendono l’oggetto unico nel suo genere, rimuoverli significa far diminuire il suo valore.
E’ solo una meteora!”, dice Sabo in una intervista, “non sono in grado di stabilire alcun valore fino a quando non avrò riavuto indietro tutto quello che ho trovato, comprese le formazioni superficiali”.