C’è vita su Venere? Un possibile segno di vita sul nostro vicino pianeta

Un gas maleodorante e infiammabile chiamato fosfina che annienta le forme di vita che necessitano di ossigeno per sopravvivere. Tuttavia, gli scienziati che hanno annunciato il rilevamento di questo gas nocivo nell’atmosfera venusiana affermano che potrebbe essere un potenziale e allettante segno di vita su Venere.

Su pianeti rocciosi come Venere e la Terra la fosfina può essere prodotta solo dalla vita, che sia umana o microbica. Usata come arma chimica nella Prima guerra mondiale, la fosfina viene ancora oggi usata come fumigante in agricoltura, è utilizzata nel settore dei semiconduttori ed è uno sgradevole sottoprodotto dei laboratori di metanfetamine. Ma la fosfina viene prodotta anche naturalmente da alcune specie di batteri anaerobici, ovvero organismi che vivono in ambienti privi di ossigeno come discariche, paludi e viscere di animali.

A inizio 2020, i ricercatori hanno supposto la rilevazione di questa sostanza chimica su altri pianeti terrestri come la possibile presenza di metabolismi alieni, e hanno suggerito di puntare i telescopi sui lontani pianeti extra-solari per sondare le loro atmosfere in cerca di segni della presenza del gas.

Ora pare che si siano trovati segni di fosfina nel pianeta accanto al nostro, come riportano gli astronomi sulla rivista Nature Astronomy.

Lì per lì sono rimasta scioccata, ovviamente. Ho pensato che fosse un errore, anche se volevo fortemente che non lo fosse” afferma la coautrice dello studio Clara Sousa-Silva, ricercatrice post-dottorato presso l’Istituto di tecnologia del Massachusetts (MIT, Massachusetts Institute of Technology) che è stata la prima a identificare la fosfina come potenziale traccia biologica.

In parole povere, la fosfina non dovrebbe esserci, nell’atmosfera di Venere. Si tratta di una sostanza complessa da produrre e la composizione chimica delle nubi di Venere dovrebbe in teoria distruggere la molecola prima che riesca ad accumularsi nelle quantità osservate. Ma è troppo presto per giungere alla conclusione che c’è vita oltre i confini della Terra. Gli scienziati avvertono che è necessario innanzitutto verificare il rilevamento stesso, in quanto l’impronta di fosfina descritta nello studio potrebbe essere un falso segnale causato dai telescopi o dall’elaborazione dei dati.

È estremamente entusiasmante, ma dobbiamo prima di tutto accertare che quanto rilevato sia reale” afferma David Grinspoon del Planetary Science Institute. “Quando qualcuno segnala l’osservazione di un fenomeno straordinario mai rilevato prima, ci si chiede se può essere frutto di un errore procedurale”.

Ma se la fosfina fosse effettivamente presente nel manto nuvoloso di Venere, la sua presenza sarebbe indicativa di due interessanti possibilità: forme di vita aliene che stanno abilmente legando atomi di fosforo e idrogeno, o una dinamica chimica completamente sconosciuta che sta producendo fosfina in assenza di vita.

Venere, il secondo pianeta del sistema solare per distanza dal Sole, per molto tempo è stato considerato il pianeta gemello della Terra. È all’incirca delle stesse dimensioni, con gravità e composizione simili a quelle del nostro pianeta. Per secoli, umani speranzosi ne hanno immaginato la superficie ricoperta di oceani, vegetazione lussureggiante e verdi ecosistemi, una sorta di seconda oasi di vita nel sistema solare.

Le prime osservazioni scientifiche del nostro vicino pianeta hanno rivelato che si tratta di un mondo ostile in cui per molti aspetti la vita dei terrestri è impossibile: la sua superficie può raggiungere temperature di 480° C; nascoste sotto una coltre di oltre 100 km di nubi e foschie, le sue rocce bollenti sono soggette a una pressione sufficiente a sgretolare le ossa, pari a oltre 90 volte quella della superficie della Terra. In più, l’atmosfera del pianeta è composta principalmente da anidride carbonica e presenta fitte nubi di acido solforico.

Ciononostante, per quasi 60 anni gli scienziati hanno considerato la possibilità che sotto il manto nuvoloso di Venere potesse esistere la vita, magari riuscendo a prosperare in zone con condizioni più favorevoli.

Se le condizioni della superficie di Venere rendono non plausibile l’ipotetica presenza di vita, le nubi del pianeta sono un ambiente completamente diverso”, scrissero sulla rivista Nature Carl Sagan e Harold Morowitz già nel 1967.

Nonostante l’acidità, le nubi contengono gli ingredienti fondamentali della vita per come la conosciamo: luce del sole, acqua e molecole organiche. E vicino allo strato centrale delle nubi i valori di temperatura e pressione sono piuttosto simili a quelli della Terra. “Si tratta di un clima ‘da maniche corte’, con un sacco di cose gustose da mangiare”, afferma Martha Gilmore, scienziata planetaria presso la Wesleyan University a capo di una proposta di missione su Venere, riferendosi alle molecole nell’aria del pianeta che i microbi potrebbero metabolizzare.

Le prime osservazioni del pianeta hanno rivelato che parti della sua atmosfera assorbono più luce ultravioletta del previsto, un’anomalia che gli scienziati hanno ipotizzato derivi dall’attività di microbi aerei. La presenza di composti contenenti zolfo rende il fenomeno più probabile, e alcuni scienziati hanno quindi elaborato la possibilità di “venusiani aerei”, immaginando scenari in cui i microbi metabolizzano composti a base di zolfo, “galleggiano” tra le nubi perenni e addirittura sviluppano cicli di vita resi possibili da periodi dormienti a varie altitudini.

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Quando ho iniziato a parlarne ho incontrato molta resistenza, soprattutto dato il carattere estremamente acido dell’ambiente” afferma Grinspoon, che promuove l’idea della presenza di vita nelle nubi di Venere dalla metà degli anni ‘90.

Ma tutto ciò che abbiamo imparato studiando gli organismi viventi della Terra ci dice che la vita si annida in ogni fessura e anfratto disponibile. Qui sulla Terra troviamo microbi che prosperano in ambienti ostili e corrosivi quali le sorgenti termali e i campi vulcanici. Sappiamo anche che i microbi regolarmente “si fanno dare un passaggio” dalle particelle delle nuvole, e gli scienziati hanno trovato organismi in volo a quasi 10 km sopra ai Caraibi. Le nuvole sono passeggere sulla Terra, quindi è improbabile che riescano a supportare ecosistemi permanenti, ma su Venere si prevede che la nuvolosità permarrà per milioni o forse addirittura miliardi di anni. “Su Venere la coltre di nubi è permanente”, afferma Grinspoon, “le nuvole sono continue, spesse e avvolgono l’intero globo”.

Venere oggi è un pianeta rovente ma le sue osservazioni suggeriscono che un tempo abbia avuto un oceano di acqua liquida. Per la maggior parte della sua storia, Venere potrebbe essere stato abitabile come la Terra, fino a che, in un qualche momento nell’ultimo miliardo di anni, un aumento massiccio dei gas a effetto serra ha trasformato il pianeta da un’oasi a una trappola mortale. Forse, mentre la superficie bruciacchiata diventava meno ospitale, le forme di vita sono migrate nelle nubi per evitare l’estinzione certa.

Qualsiasi forma ci possa essere oggi, è “molto probabilmente quello che resta di una precedente biosfera più dominante”, afferma Penelope Boston, astrobiologa della NASA specializzata nello studio dei microbi che vivono negli luoghi più strani della Terra. Lei, tuttavia, è scettica: “Penso che il pianeta sia una sorta di inferno dantesco ora, quindi quanti di questi antichi segni di vita possono aver resistito?

Nel giugno del 2017 Jane Greaves e altri colleghi dell’Università di Cardiff osservarono Venere usando il telescopio James Clerk Maxwell che scansiona il cielo in lunghezze d’onde radio dall’osservatorio di Mauna Kea, nelle Hawaii. Stavano cercando gas rari o molecole che potessero avere un’origine biologica. Tra le tracce che rilevarono c’era la fosfina, un gas a molecola piramidale formata da tre atomi di idrogeno legati a un singolo atomo di fosforo.

Non molto dopo Greaves si mise in contatto con Sousa-Silva, che aveva dedicato gli anni della specializzazione a studiare se la fosfina potesse essere una possibile traccia di vita extraterrestre. Era giunta a indicare la fosfina come un segnale che dimostra la presenza di vita, pur essendo, paradossalmente, letale per qualsiasi organismo terrestre necessiti di ossigeno per sopravvivere.

La natura macabra della fosfina sulla Terra mi ha davvero affascinato”, afferma “è una macchina per uccidere…e al contempo una romantica firma biologica, in quanto segno di morte”.

Nel 2019 Greaves, Sousa-Silva e altri loro colleghi hanno dato seguito alla prima osservazione della fosfina usando ALMA, una serie di telescopi posti su un alto altipiano cileno. Più sensibile del telescopio delle Hawaii, ALMA osserva il cielo usando anche le radiofrequenze, ed è in grado di rilevare l’energia emessa e assorbita da eventuali molecole di fosfina presenti nell’atmosfera venusiana.

Ancora una volta, il team ha rilevato la presenza di fosfina. Questa volta gli scienziati sono riusciti a identificare il segnale della molecola a latitudini equatoriali e a un’altitudine compresa tra i 51 e i 59 km, dove temperatura e pressione non sono così proibitivi per la vita come la conosciamo. Sulla base della potenza del segnale, il team ha calcolato che la quantità di fosfina sia di circa 20 parti per miliardo, o almeno un migliaio di volte più di quella che troviamo sulla Terra.

Nel sistema solare esterno, la fosfina viene prodotta nelle profondità interne di Giove e Saturno. Vicino ai nuclei di questi giganteschi pianeti, i valori di temperatura e pressione sono sufficientemente estremi da creare la molecola, che poi sale attraverso l’atmosfera. Ma sui pianeti rocciosi, dove le condizioni sono molto meno estreme, non ci sono modi conosciuti in cui la fosfina possa crearsi in assenza di vita, perché richiederebbe semplicemente troppa energia. In altre parole, se l’osservazione della fosfina su Venere è corretta, c’è qualcosa che immette continuamente la molecola nell’atmosfera del pianeta.

La vita è l’unica cosa che utilizza l’energia nella produzione delle molecole” afferma Sousa-Silvaaltrimenti, nell’universo, la chimica avviene solo se è energeticamente vantaggiosa”.

L’astrobiologo Dirk Schulze-Makuch dell’Università tecnica di Berlino, che ha preso in considerazione la presenza di vita nelle nubi di Venere, concorda sulla possibilità di una spiegazione biologica per la fosfina, ma pensa che altre reazioni sconosciute, geologiche o indotte dalla luce, potrebbero essere responsabili del segnale. “Venere è essenzialmente ancora un pianeta alieno”, afferma “ci sono ancora molte cose che non conosciamo”.

Il team di studio si è prefisso di determinare se la fosfina possa essere prodotta su Venere in assenza di biologia. Tra gli scenari che gli scienziati hanno ipotizzato ci sono emissioni vulcaniche, intensa attività di fulmini, sfregamento di placche tettoniche, piogge di bismuto e polvere cosmica. Sulla base dei calcoli del team, nessuno di questi eventi potrebbe produrre la molecola in tali quantità.

Che si tratti di vita o meno, dev’essere un meccanismo davvero particolare” afferma Sousa-Silva. “Sta succedendo qualcosa di strano”.

Eppure, lo scienziato dell’osservatorio ALMA John Carpenter è scettico sul fatto che le osservazioni sulla fosfina siano reali. Il segnale è debole, e il team ha dovuto eseguire un gran numero di elaborazioni per estrarlo dai dati ottenuti dai telescopi. Quell’elaborazione, afferma, potrebbe aver prodotto un segnale artificiale, alla stessa frequenza della fosfina. Egli evidenzia inoltre che lo standard per l’identificazione molecolare da remoto prevede il rilevamento di più impronte della stessa molecola, che compaiono a diverse frequenze sullo spettro elettromagnetico. Questa procedura non è stata ancora eseguita dal team per la fosfina.

Hanno eseguito la procedura corretta per verificare il segnale, ma ancora non sono convinto che sia reale” afferma Carpenter. “Se è reale, è un risultato molto interessante, ma sono necessari ulteriori studi per renderlo convincente”.

Sousa-Silva concorda sul fatto che il team debba confermare il rilevamento di fosfina identificando ulteriori impronte ad altre lunghezze d’onda. Lei e i suoi colleghi avevano pianificato le successive osservazioni usando l’Osservatorio stratosferico per l’astronomia a raggi infrarossi (SOFIA,Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy), un telescopio installato su un aereo, e il telescopio a raggi infrarossi Infrared Telescope Facility della NASA, nelle Hawaii. Ma poi è scoppiata la pandemia di COVID-19, e i progetti del team sono stati sospesi.

È un peccato non avere questa prova” dice Sousa-Silva.

Ciononostante, afferma Sanjay Limaye, scienziato planetario presso l’Università del Wisconsin-Madison, la scoperta è sufficientemente stimolante per proseguire la ricerca, preferibilmente da un punto di osservazione molto più vicino. “È affascinante che questo sia un segno di qualcosa di strano che sta avvenendo nell’atmosfera di Venere, ma è una strana forma chimica o si tratta di vita?” si domanda, “Dobbiamo andare a esplorare e scoprirlo”.

 

La rilevazione preliminare di fosfina probabilmente alimenterà proposte sul ritorno su Venere, un viaggio atteso da tempo, dato che l’ultima volta che la NASA ha mandato una sonda sul pianeta era il 1989. Schulze-Makuch afferma che è assolutamente possibile organizzare una missione di prelievo di campioni di atmosfera, inviando un veicolo spaziale attraverso le nubi del pianeta per raccogliere gas e particelle da portare sulla Terra.

Diverse proposte di missione sono attualmente al vaglio, incluso un elaborato progetto che prevede più veicoli spaziali condotto da Gilmore della Wesleyan University, che verrà valutato dalla comunità scientifica planetaria nel contesto delle priorità di esplorazione del sistema solare da stabilire per il prossimo decennio. Il progetto di Gilmore include diversi satelliti orbitali e un pallone aerostatico ad alta quota per studiare da vicino l’atmosfera venusiana alla ricerca di segni di vita.

Riguardo al futuro più prossimo, una missione di dimensioni più ridotte per studiare l’atmosfera profonda di Venere, denominata DAVINCI+, è una delle quattro finaliste del programma Discovery della NASA. La prossima selezione delle missioni è prevista per il 2021.

Venere è un sistema estremamente complesso e sorprendente, che ancora non conosciamo. Ed è un’altra Terra. Probabilmente ha avuto un oceano per miliardi di anni, ed è proprio qui vicino. Si tratta solo di andarci”, afferma Gilmore. “Ora abbiamo la tecnologia per raggiungere l’atmosfera di Venere. Possiamo farlo”.

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