Tutta la vicenda sulla pellicola che ha fatto infuriare il mondo islamico puzza di complotto. Numerosi enigmi lasciano pensare a una operazione pianificata per fomentare una guerra di religione che potrebbe evere conseguenze nefaste sulla stabilità e la pace planetaria.
Un articolo del Corriere della Sera, a firma di Massimo Gaggi, fa il punto della situazione. Pur non sposando la tesi del complotto, nell’articolo si parla di regista fantasma e di attori raggirati. L’unico responsabile della faccenda è stato individuato in Sam Bacile, il produttore del film su Maometto.
Regista fantasma e attori raggirati: i misteri del film
Il sedicente ebreo israeliano Sam Bacile, il responsabile della produzione del film che descrive Maometto come un mascalzone e un pedofilo, è in realtà Nakoula Basseley Nakoula, un cristiano copto di 55 anni, forse di origine egiziana, che vive a Cerritos, un sobborgo di Los Angeles. Sarebbe comunque stato nei mesi scorsi in Egitto (dove molti copti sono caduti, vittime dell’estremismo musulmano) a raccogliere fondi.
«Realtà» è parola da usare con cautela in questa storia, ancora in parte oscura: un regista-fantasma, un produttore che cambia identità, attori che si dicono truffati ma non si fanno vedere (tutti salvo uno). Ora spunta anche un’«eminenza grigia»: Morris Sadek, un attivista egiziano che vive negli Usa, in Virginia, titolare del sito Web dei gruppi copti: un avvocato che sarebbe il vero promotore dell’iniziativa. E un film, Innocence of the Muslims , che nessuno ha mai visto. Solo il trailer: immagini amatoriali, atmosfera da «porno soft», con la figura del Profeta ridicolizzata: un truffatore donnaiolo che abusa dei minori.
Immagini che circolano su YouTube da giugno, ma che sono diventate pretesto per gli assalti alle sedi diplomatiche Usa in Libia, Egitto e Yemen solo quando il video, qualche giorno fa, è comparso sul sito dei copti coi sottotitoli in arabo. Gli attori si sono fatti vivi con un comunicato nel quale affermano di essere stati raggirati dalla casa di produzione: nessuno aveva parlato loro di un film contro gli islamici. Solo un racconto sull’Egitto. Tanto che nel copione il personaggio che nel trailer impersona Maometto si chiama George.
Dopo aver brancolato nel buio per un po’ lasciando che si diffondesse – negli Usa e poi in Medio Oriente – la bugia del film di un ebreo israeliano realizzato coi soldi donati da cento ebrei molto ricchi, ieri i media americani hanno cominciato ad aprirsi un varco nella cortina fumogena quando l’ Ap , che precedentemente aveva intervistato il sedicente Bacile, ha scoperto che Sam e un altro suo interlocutore – Nakoula, appunto – probabilmente sono la stessa persona. Un’altra pista si è aperta quando gente del cast ha avvertito anonimamente la Cnn : il vero produttore è un copto registrato presso il sindacato della cinematografia come Abenob Nakoula Basseley.
Intanto l’ Ap ha rintracciato Nakoula il quale ha ammesso di essere un copto e di essere coinvolto nella produzione del film, ma ha negato di essere il protagonista di tutta l’operazione e di aver impersonato Sam Bacile nelle interviste dei giorni precedenti. E tuttavia, facendo una ricerca sul numero di cellulare usato nei contatti con Bacile, i giornalisti sono arrivati all’indirizzo di casa Nakoula.
E anche la polizia, che ora l’ha messo sotto scorta, conferma ufficiosamente che è lui il personaggio al centro del caso. Ma le autorità, che in passato l’hanno perseguito già varie volte per una serie di truffe e altri reati, lo conoscono come Bacily Nakoula. Uno che si è già fatto 21 mesi di carcere ed è stato condannato a pagare indennizzi per 790 mila dollari. E che in passato ha cambiato spesso identità, presentandosi come Erwin Salem e Nicola Bacily.
Quanto al film, mentre nei registri cinematografici californiani non c’è traccia di Innocence of the Muslims , nel 2009 un produttore presentatosi come Sam Bassiel ha raccolto il cast per una pellicola intitolata Desert Warrior . Ed è questo il titolo del film al quale gli 80 tecnici e attori dicono di aver lavorato. Sul palcoscenico di questo incredibile gioco di specchi si agitano anche Steve Klein, un consulente cinematografico che sostiene di aver appoggiato la produzione perché stufo degli abusi degli islamici, e Terry Jones, il pastore della Florida che nel 2009 provocò proteste sanguinose in Afghanistan con la sua idea di bruciare copie del Corano.